La galleria torinese Giorgio Persano ha inaugurato il 26 ottobre 2016 un’importante mostra dedicata a Michele Zaza nel temporary space di FM Centro per l’Arte Contemporanea. Abbiamo intervistato la curatrice della mostra, Elena Re.
Che tipo di mostra è?
La mostra MICHELE ZAZA. Opere/Works 1970–2016 attraversa nel profondo la ricerca espressiva di Zaza. L’idea curatoriale è quella di sottolineare l’importanza storica ma soprattutto la piena attualità di questo artista, per cogliere l’energia che anima tutto il suo lavoro. La mostra propone dunque un viaggio nell’opera di Michele Zaza. A partire dai primi lavori degli anni ’70, per arrivare a quelli messi a punto oggi. Oltre a un ampio numero di opere molto importanti, dall’Archivio abbiamo selezionato anche un prezioso nucleo di scritti, progetti e documenti. In sostanza, questa personale di Michele Zaza desidera offrire un vero e proprio approfondimento.
Come mai la scelta di dedicare una mostra a Michele Zaza?
Questo progetto è in linea con l’offerta culturale che la mostra L’Inarchiviabile/The Unarchivable ha messo in moto. Se dunque si pensa all’ampio panorama degli artisti italiani che hanno fondato la loro ricerca nella stagione culturale degli anni ’70, Michele Zaza occupa un posto di assoluto rilievo internazionale. Il suo lavoro è imprescindibile, proprio perché è rivoluzionario. Perché esprime con forza quel senso di possibilità e di verità, quel legame tra arte e vita che oggi più che mai è per noi tutti necessario. Per questo abbiamo scelto di dedicargli una mostra personale così importante.
Qual è la storia della galleria Giorgio Persano?
Nel 1970 Giorgio Persano apre a Torino la sua prima galleria e la chiama “Multipli”. Lavorando principalmente con gli artisti dell’Arte Povera, la galleria di Giorgio si trasforma in un laboratorio per sperimentare e produrre opere che nascevano come piccole tirature pur mantenendo le caratteristiche e l’aura del pezzo unico. Tra il ’70 e il ’75 si realizza dunque un importante lavoro sul multiplo. Un’esperienza breve ma molto intensa che andrà evolvendosi nell’attuale attività di galleria, senza mai perdere un’attitudine fondamentale. Ossia la volontà di dare spazio alle avanguardie del contemporaneo, privilegiando la progettualità, l’impegno culturale e il respiro internazionale degli artisti – con cui si crea sempre un rapporto di stretta collaborazione.
E del suo rapporto con Zaza?
Nel 2010 ho curato nella galleria di Giorgio Persano una mostra intitolata Geografia senza punti cardinali. La fotografia nell’arte degli anni ’70 in Italia. Una collettiva con molti artisti, è stato anche quello un bel progetto. E fra i nomi coinvolti c’era Michele Zaza. Nel 2013 Giorgio ha deciso di dedicargli una mostra personale curata da me, Il risveglio del paesaggio – con una selezione di lavori fotografici e soprattutto una grandissima video-installazione che attraversava tutto lo spazio della galleria. Da lì è partito il rapporto tra Persano e Zaza.
Come nasce la collaborazione con FM Centro per l’Arte Contemporanea?
La mostra L’inarchiviabile è stata il contesto da cui ha preso avvio la collaborazione. Marco Scotini mi invita a intervenire a un talk sul libro d’artista, per ricordare la figura dell’amico Giorgio Maffei. A partire da questo incontro si crea un bellissimo dialogo fondato su un’affinità di tipo scientifico. E così nasce l’idea di coinvolgermi per curare un possibile approfondimento sull’arte italiana degli anni ’70, seguendo la linea tracciata dalla direzione artistica di Marco. FM Centro per l’Arte Contemporanea ha quindi invitato la Galleria Giorgio Persano – come galleria storica che avrebbe potuto pensare a un progetto in continuità con L’inarchiviabile. E Giorgio ha risposto molto positivamente, proponendo questa importante personale di Michele Zaza.
Qual è il tuo background?
Sono critico e curatore indipendente. Ho alle spalle un percorso un po’ particolare perché ho studiato Architettura, sono dottore di ricerca. Ma il lavoro in ambito accademico mi ha aperta a quella “cultura del progetto” di cui ho poi fatto tesoro occupandomi di arte contemporanea a tutto tondo. Ho lavorato al progetto di valorizzazione dell’opera di Luigi Ghirri. Ricordo la mostra che nel 2012 ho curato al Castello di Rivoli, Luigi Ghirri – Project Prints, con il libro pubblicato da JRP|Ringier. Da tempo sto approfondendo l’arte italiana degli anni ’60-’70, con mostre e pubblicazioni sia in Italia che all’estero. Attualmente sto indagando alcune sperimentazioni fatte all’epoca sull’idea del multiplo, che certamente riconducono alla storia di Persano. Sono direttore scientifico dell’Archivio Giorgio Ciam, seguo il percorso di vari artisti – fra i quali Michele Zaza, su cui ho scritto e lavorato molto.
Puoi farci qualche esempio di opere che sono esposte?
Certamente… Mimesi, 1975 – un dittico dove Michele e suo padre si incontrano in uno spazio introspettivo; questo lavoro appartiene a un ciclo che segna la fortuna internazionale di Zaza, il rapporto con Yvon Lambert e poi con Leo Castelli. Cielo abitato, 1985 – un importante lavoro fotografico ma anche un video, in cui i volti di Michele e della moglie Teresa si trasfigurano per vivere una condizione celeste. Forma sacra, 1996 – un lavoro durissimo in bianco e nero, dove il volto di Teresa raggiunge l’astrazione. Paesaggio magico, 2009 – un’opera di grandi dimensioni in cui la figlia Ileana esprime attraverso il corpo la libertà del sogno e dell’immaginazione. Infinito segreto, 2016 – un video appena realizzato, dove Michele e la compagna Anna Maria entrano in relazione con l’idea di infinito.
In sintesi, qual è la chiave di lettura più interessante per addentrarsi nel lavoro di Zaza?
Mi viene in mente una riflessione tratta dal saggio Il corpo (1983) di Umberto Galimberti: «Il corpo è sempre fuori di sé, è intenzionalità, trascendenza, immediato sbocco sulle cose, apertura originaria, continuo progetto e perciò proiezione futura». Questo a mio parere è il messaggio essenziale da cogliere nell’opera di Michele Zaza.
Un unico evento, tre gallerie, una mostra corale. Così si può riassumere il progetto espositivo innovativo promosso dai galleristi Paola Capata e Delfo Durante di Monitor di Roma, Alessandro Pasotti e Fabrizio Padovani di P420 di Bologna e Giuseppe Alleruzzo di SpazioA di Pistoia in occasione dell'inaugurazione del temporary space per le gallerie all'interno di FM Centro per l'Arte Contemporanea il 7 aprile 2016. Una mostra, chiamata appunto "Corale", in cui le tre gallerie, pur non condividendo alcun artista, hanno unito le loro forze per allestire uno spazio di 800 m2 con più di 40 opere di grandi dimensioni di artisti di diverse generazioni, come Paolo Icaro, Franco Guerzoni, Irma Blank e i più giovani Piotr Łakomy, Giulia Cenci e Nicola Samorì.
"Fin da subito ci è piaciuta l’idea di collaborare con due gallerie, SpazioA di Pistoia e Monitor di Roma, con cui ci sentiamo affini per via della generazione di appartenenza e del lavoro di ricerca svolto finora" spiegano Fabrizio Padovani e Alessandro Pasotti. "Il progetto espositivo era basato sulla volontà di mostrare, all’interno di uno spazio molto ampio, opere che per diversi motivi non è sempre possibile esporre. Il clima è stato sempre molto piacevole e la mostra ha avuto quasi 2.000 visitatori che a noi sembra un risultato straordinario. Le tre gallerie hanno avuto riscontri ottimi, hanno avuto vendite e nuovi contatti, per cui il bilancio è nettamente positivo".
È d'accordo Giuseppe Alleruzzo: "È stata un'esperienza molto positiva, soprattutto per come è riuscita la condivisione dello spazio. All'inizio poteva sembrare un'avventura non facile e anche pericolosa, perché si trattava di uno spazio aperto, molto grande, da condividere con altre due gallerie. Invece si è rivelata un'opportunità per fare un progetto di condivisione che ha funzionato veramente. Uno spazio così bello che ha ancora potenzialità molto importanti. E poi avendo accanto una mostra altrettanto importante e molto bella come quella curata da Marco Scotini! È stata anche un'occasione per rivedere alcuni lavori molto grandi che non avevamo avuto occasione di esporre e che abbiamo avuto l'opportunità di rivedere come le sculture di Esther Kläs, il grande dipinto di Luca Bertolo e il pavimento di Chiara Camoni".
"Con questa prima mostra abbiamo raggiunto il nostro obiettivo di dare alle gallerie la possibilità di far conoscere al pubblico il loro importante lavoro di ricerca" dichiara Elisabetta Galasso, ad di Open Care - Servizi per l'arte che promuove FM Centro per l'Arte Contemporanea. Anticipazione sulla prossima mostra? "Il programma del temporary space prosegue a ottobre con una mostra di una galleria che sarà presto annunciata".